Correndo in tondo disperati ci aggrappiamo l'uno all'altro...Ma oh no apri la porta e lascia che il vento soffi prendi la mia mano e insieme alziamoci nell'occhio dell'uragano. Se credi in me io crederò in ciò che sarà desideriamo il mondo di cui hai solo osato sognare. Fuori controllo, libero infine dai legami della mente, dentro i miei sogni navighiamo lontano....
Liberare la potenza della meditazione. Per i maestri buddhisti i 1500 attaccamenti sono alla nascita di ogni sofferenza, fisica, emotiva e mentale. E' possibile uscire dal vicolo cieco con una serie di pratiche antichissime ma sempre attuali.
- Meditazione sul corpo - L'occhio che vede l'invisibile. Con questo tipo di meditazione si osserva il corpo dall'interno. Nella visione immaginale la materia non esiste come realtà oggettiva, tutto è sogno ed immagine. Nel buddhismo, l'esistenza è detta " samasara ", illusione, immaginazione, impressione e simbolo. Jung, uno dei più grandi ispiratori della visione immaginale, ha detto che gli organi vitali sono gli dei. Quando, in meditazione, si osserva il corpo dall'interno, ci si libera da ogni idea preconcetta che riguarda il corpo e avviciniamo gli organi con un atteggiamento di fiducia incondizionata. Avere fede negli organi, negli dei, nella natura e negli spiriti, significa rinunciare al delirio di onnipotenza della mente che vuole avere il potere, il controllo sul corpo, sulla vita e sulla natura.
- Meditazione sullo scheletro - Felicità profonda. Con questo tipo di meditazione si contempla lo scheletro, inizialmente immaginandolo, fino a che si crea la visione reale dello scheletro, ed è meravigliosa! Quando il " praticante " riesce a visualizzare il proprio scheletro ha la consapevolezza di una splendente e calda luce bianca radiante che può essere immensa come l'intero universo. La meditazione sullo scheletro porta a un grado di verità profonda, consente di sperimentare la filosofia del corpo che non è un oggetto materiale, ma pura coscienza che si trasforma in energia, luce e gioia. Nella psicologia dell'immaginale la parola " eudaimonia " presa in prestito dall'antica Grecia, serve a fissare uno stato di felicità profonda data dal fatto che il praticante sta vivendo in piena coerenza con la missione della propria anima, sta facendo ciò che le permette di sentirsi realizzata.
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