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Liberati dalle Emozioni... ascoltandole!

  Immagine generata da Gemini Emozioni: amiche o nemiche? La visione olistica Spesso, nella nostra società, le emozioni vengono viste come qualcosa di negativo, da reprimere o controllare. Ci viene insegnato a razionalizzare, a mantenere la calma, a non lasciarci travolgere. Ma cosa succederebbe se, invece di combatterle, imparassimo ad ascoltare le nostre emozioni? Le discipline olistiche, come lo yoga, la meditazione e il Reiki, offrono una prospettiva diversa. Considerano le emozioni come parte integrante del nostro essere, segnali preziosi che ci forniscono informazioni sul nostro stato interiore e sul nostro rapporto con il mondo. Emozioni: messaggere del nostro mondo interiore Secondo la visione olistica, ogni emozione, piacevole o spiacevole che sia, ha un suo scopo e un suo significato. La rabbia, ad esempio, può indicare che un nostro confine è stato violato; la tristezza può essere un segnale di lutto o di perdita; la paura può metterci in guardia da un pericolo. Reprime...

Quando la normalità non è la regola: capire i disturbi comportamentali


Noi siamo abituati a dare per scontato il nostro quotidiano e non ci rendiamo conto che le persone con disturbi cognitivi fanno una fatica enorme a gestirlo, perché nella loro mente passa una serie di problematiche che non riescono a comunicare al prossimo. Quando la comunicazione verbale non è possibile, il loro corpo e i loro comportamenti diventano i canali principali attraverso cui esprimere il disagio e i bisogni che provano.

Per comprendere meglio questa dinamica, osserviamo come reagiscono a situazioni quotidiane che per noi possono sembrare banali.


Le abitudini: un faro nella tempesta

Le abitudini sono una forma di sicurezza e stabilità. Immaginiamo, ad esempio, un centro ricreativo per anziani che chiude per le ferie estive. Per una persona senza difficoltà cognitive, questo è un problema risolvibile: invece di andare al centro, approfitta del tempo libero per andare al mare, fare una passeggiata o dedicarsi ad altre attività. La sua mente è flessibile e trova subito una soluzione alternativa.

Una persona con difficoltà cognitive, invece, vive lo stesso evento in modo radicalmente diverso. L'interruzione della routine causa un'agitazione profonda, che si manifesta con nervosismo e aggressività verbale. Inoltre, la mancanza di abitudine può portare a una forma di pigrizia e al rifiuto di fare qualsiasi altra cosa. Il suo comportamento non è un capriccio, ma l'espressione di una totale incapacità di gestire un cambiamento improvviso.


Le emozioni: non sono assenti, ma espresse diversamente

Le emozioni sono un altro punto cruciale. Pensiamo a un festeggiamento di compleanno. In una situazione standard, ci aspettiamo risate, divertimento e magari qualche lacrima di commozione al momento della torta. Il festeggiato è felice, spensierato e si gode la festa.

Una persona con difficoltà cognitive, in un contesto del genere, potrebbe apparire "musona" e infastidita. Potrebbe rimanere in disparte, con lo sguardo abbassato, e sembrare priva di emozioni. Questo non significa che non stia provando nulla, ma che sta vivendo un sovraccarico sensoriale o emotivo. I suoi comportamenti — l'isolamento e la chiusura — sono un modo per comunicare che ha bisogno di un momento di calma. Il suo riferimento a "dover prendere le medicine", ad esempio, può essere una forma di rigidità che la riporta a un'abitudine per trovare stabilità in una situazione che non riesce a gestire.


L'aggressività: un grido d'aiuto

Infine, l'aggressività. Spesso viene vista come un'espressione di rabbia, ma non è sempre così. Immaginiamo di fare la doccia e che, per errore, l'acqua diventi troppo calda. Una persona senza difficoltà cognitive sente il fastidio e, immediatamente, chiude l'acqua. La sua comunicazione è un'azione risolutiva.

Per una persona con difficoltà cognitive, la stessa sensazione di fastidio può portare a un'altra reazione. Non avendo la prontezza di agire per chiudere l'acqua, il suo disagio si manifesta attraverso l'aggressività verbale, come l'uso di parolacce. Questo comportamento non è un atto intenzionale, ma la sua maniera di comunicare che c'è un problema e che ha bisogno di aiuto. È una reazione impulsiva, un grido d'aiuto che nasce dalla sua incapacità di risolvere la situazione in modo autonomo.


Conclusioni: una nuova prospettiva

Questo primo articolo ci ha permesso di gettare uno sguardo nel mondo delle persone con disturbi cognitivi, mostrando che molti dei loro comportamenti sono forme di comunicazione non verbale. Comprendere questa prospettiva è il primo passo per andare oltre il giudizio e costruire relazioni più empatiche.

Nel prossimo articolo, esploreremo come la psicologia comportamentale ci offre strumenti pratici e strategie per leggere e rispondere a questi segnali, aiutando chi ha difficoltà a trovare nuovi modi per comunicare e vivere in modo più sereno. 

N.B. L'immagine di questo articolo è generata da Gemini

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